Le lingue e tradizioni letterarie dell’Europa moderna si sono sviluppate in continuità con la tradizione latina attraverso tutto il periodo medievale – un fenomeno particolarmente evidente nei testi fino ad almeno il XV secolo. Le relazioni della cultura europea con la tradizione latina, i rapporti dell’Europa medievale con le diverse culture linguistiche che l’hanno abitata – araba, ebraica, greca, latina, germanica e slava – e le culture scritte che hanno reso possibile la nascita di nuove tradizioni culturali e linguistiche costituiscono fenomeni storici che vanno studiati contestualmente, e che possono contribuire significativamente alla comprensione di un capitolo fondamentale della storia culturale europea.TranScript vuole fornire uno spazio di discussione sulla ‘traduzione’ da oralità a scrittura e delle traduzioni e mediazioni fra culture e tradizioni, con particolare riferimento ai secoli XI-XV. Intendiamo la traduzione come un processo cognitivo che interessa culture, lingue e scritture – essendo anche il processo di scritturazione un atto traduttivo in sé, che trasferisce il testo dal parlato allo scritto. Vogliamo in questo modo dare spazio e discutere una metodologia di indagine interdisciplinare che potrebbe rinnovare in modo significativo statuto e relazioni fra discipline di grande tradizione: filologia, linguistica e paleografia, consentendo un approccio al testo aperto anche all’antropologia e allo studio delle tradizioni culturali. Parte integrante di questo rinnovamento è la programmatica inclusione delle possibilità offerte dalle Digital Humanities in questa prospettiva di ricerca, a partire dal dibattito recente e dal suo impatto specifico sulle tematiche di nostro interesse. La rivista pubblicherà numeri monografici e miscellanei.Le lingue ammesse per i contributi sono le lingue romanze, l’inglese e il tedesco.
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CALL FOR PAPERS 3 | 1 | 2024 e 3 | 2 | 2024
Il traduttore nel Medioevo: consapevolezza e realtà di un’autorialità complessa
Indagare la figura e l’attività del ‘traduttore’ medievale impone in prima battuta un compito arduo: definire cosa si intende per ‘traduzione’ nel Medioevo. Questa definizione può essere tentata da due diversi punti di vista: in sincronia, rispetto alla cultura del tempo (fermo restando che ci sono ovviamente evoluzioni tra l'alto Medioevo [traduz. in cui il latino è la lingua di arrivo], prima fase della cultura romanza, basso Medioevo [traduz. in cui il latino è la lingua di partenza, o comunque sono volgari le lingue di arrivo]); oppure tentando di ritagliare retrospettivamente e ‘anacronisticamente’, dall’oggi, un campo di indagine definibile come ‘raduzione medievale’. La questione è ancora più complicata, perché si lega necessariamente a ciò che sono un ‘autore’ e un ‘testo’ nel Medioevo. Ricordando un celeberrimo passo di Bonaventura (che certo non può essere considerato emblematico dell'intera cultura coeva, ma che ha comunque un peso notevole): «Quadruplex est modus faciendi librum. Aliquis enim scribit aliena, nihil addendo vel mutando; et iste mere dicitur ‘scriptor’. Aliquis scribit aliena addendo, sed non de suo, et iste ‘compilator’ dicitur. Aliquis scribit et aliena et sua, sed aliena tamquam principalia, et sua tamquam annexa ad evidentiam, et iste dicitur ‘commentator’ non ‘auctor’. Aliquis scribit et sua et aliena, sed sua tamquam principalia, aliena tamquam annexa ad confirmationem; et talis debet dici ‘auctor’» (Sancti Bonaventurae Commentaria in quatuor libros Sententiarum magistri Petri Lombardi, vol. 1. A cura di K. Typographia Collegii Sancti Bonaventurae, Ad Claras Aquas. Quaracchi, Firenze, 1882. Proemium in librum primum sententiarum, quaestio IV, pp. 14-15).
La ‘traduzione’ può essere ricondotta, nel Medioevo, a tutte e quattro le tipologie isolate da Bonaventura, o costituirne una quinta (la ‘traduzione’ modernamente intesa). I prossimi numeri della rivista TranScript vorrebbero dedicarsi a indagare i gradienti di ‘autorialità’ nell’attività del traduttore, partendo dalla sua realtà storica di individuo e di lavoratore culturale, inserito nel suo contesto, e cercando al contempo di verificare la ‘consapevolezza’ delle specificità del proprio lavoro letterario.
1. Il traduttore: biografia, prosopografia, reti sociali
Durante il Medioevo, il ruolo di traduttore come ‘operatore culturale’ conosce una fortuna alterna: in alcuni contesti specifici egli riceve un riconoscimento sociale, talvolta in ambito cortigiano, sulla base di precise committenze, talvolta in ambiti istituzionali più dinamici, come i comuni (spesso in relazione a testi statutari e di tipo pratico). Più spesso, l’attività di traduzione è invece priva di riconoscimento, fermandosi sulla soglia di un lavoro di servizio: non di rado, questa situazione produce situazioni di anonimato, particolarmente diffuse. Una mappatura socio-culturale del traduttore medievale non è stata mai fatta; questo numero di TranScript vorrebbe provare ad affrontare alcuni casi di studio i cui risultati possano essere generalizzati ed eventualmente inseriti in più larghi quadri di comparazione. La domanda che ci vogliamo porre è: chi sono i traduttori nel medioevo? Quali sono le loro attività principali e quali i contesti sociali in cui crescono? Quali sono le reti sociali in cui vivono, le istituzioni con cui vengono in contatto? Questa profilazione è in relazione con la scelta e l’attività di traduzione e con la scelta dei testi e/o del canone di testi sottoposti a traduzione?
2. Il traduttore: designare se stessi e il proprio lavoro
La scelta dei termini con i quali definire se stessi e il proprio lavoro è altamente significativa dell’autoconsapevolezza dei traduttori e fornisce spesso risultati sorprendenti e lontani dal moderno sentire (su questo punto, il celebre lavoro di Folena, Volgarizzare e tradurre, resta un punto di riferimento). I traduttori possono servirsi di un’identica nomenclatura sia per parlare di se stessi e del loro lavoro, sia dell’autore del testo-modello. Spesso, termini come actor/auctor o, nelle varianti vernacolari, acteur/au(c)teur (ma anche: composeur, escripvain, facteur, (h)istorien, orateur, traducteur, translateur) vengono utilizzati indistintamente, senza una vera distinzione tra lavoro propriamente creativo e rielaborazione/traduzione. Analoghe considerazioni si possono formulare anche riguardo all’atto del tradurre e ai termini concorrenti che designano l’attività, essa stessa molteplice e senza confini stabiliti, del traduttore.
E poi in che rapporto si pone il traduttore rispetto all’autore? E rispetto agli altri traduttori dello stesso testo? Spesso il traduttore vuole sfidare l’autore e misurarsi con lui; altre volte desidera anche nobilitare il testo-fonte adeguandolo alle tendenze e al gusto letterario a lui contemporanei. In questi casi, i traduttori possono accrescere lo status del testo fonte attraverso il loro stesso nome. Nel caso di testi che godono di più traduzioni, è frequente che il traduttore rivendichi la validità della propria opera rispetto alle concorrenti.
Il Comitato Direttivo e il Comitato Scientifico invitano quanti siano interessati a pubblicare un contributo sui primi due numeri a inviare un abstract della lunghezza massima di 1.500 caratteri (spazi inclusi) completo di bibliografia essenziale entro il 31 maggio 2023.
I contributi accettati (non ci sono limiti di lunghezza) potranno essere inviati entro il 30 giugno 2023.
Si prega di attenersi alle norme editoriali di Edizioni Ca’ Foscari: ‘Norme redazionali’.
TranScript pubblica contributi in tutte le lingue romanze, in inglese e in tedesco.
Vai all’area di upload per il fascicolo 3 | 1 | 2024
https://ecfpeerflow.unive.it/abstracts/form/journal/27/276
Vai all’area di upload per il fascicolo 3 | 2 | 2024
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