Sono nel club con la mia gang

Uso del drill rap per l’educazione linguistica e letteraria

Davide Astori

Università degli Studi di Parma, Italia

Abstract Starting from the innovative approach operated by Hans Hunfeld and the more recent evidence by Mirco Magnani, this paper deals with the use of literary texts in language education, among which poetic texts are no exception. The present paper aims specifically to argue that even popular songs can place their lyrics as a model for language learning, most notably after considering the recipients of education within a broad objective of inclusivity. The use of songs in linguistic education for Italian as a Second or Foreign Language is already known, but it deals mostly with the classical melodramma or Italian art song. However, here it will be argued that even contemporary music spread among teenagers and youths can belong to the education program for languages. This paper presents the drill music lyrics of Louboutin (2020) by Vale Pain and Rondo da Sosa as a less orthodox but not less valid instrument to teach and learn Italian for foreigners.

Keywords Jargon. Hip‑hop. Louboutin. Vale Pain. Rondo da Sosa.

1 Quale valore dovrebbe avere il ‘testo letterario’ nella pratica didattica?

«[I]l ‘testo’ in genere e quello letterario in particolare s[ono] stati e s[ono] oggetto di sistematica sottovalutazione o di annullamento», argomentava Pinello (2014, 341), in un procedimento che attiene non solo alla pratica didattica, ma presenta anche ricadute teoriche nel settore di riferimento. Il riconoscimento del suo valore di «tipologia testuale contraddistinta dall’alta qualità dell’input sia linguistico che culturale» (Magnani 2009, 107) ha via via portato a un suo sempre maggiore recupero, anche in un tentativo di superamento della polarizzazione fra ‘sperimentazione’ e ‘teorizzazione’, fra ‘metodologia’ e ‘testo’.1

1 «Se fino agli anni Settanta la letteratura aveva continuato ad assumere un’importanza apicale, considerata com’era la più compiuta e variegata espressione di un idioma, nei decenni successivi spinte socio‑culturali di diversa natura hanno invece portato a considerare centrale l’insegnamento della lingua, nell’obiettivo di sviluppare nell’apprendente una sempre maggiore competenza comunicativa nella LS impartita. In questo processo è ovviamente cambiata anche la scelta dei materiali di studio, un cambiamento che ha portato, come dice Roberto De Romanis, alla creazione di “un sillabo privo di gerarchie qualitative dove il discorso letterario compare tra i molti e differenti modi della comunicazione scritta: semplicemente come una delle sue possibilità, o come l’esito di un linguaggio speciale, di un codice settoriale tra i tanti” (De Romanis 2010, 123). Lo stesso Balboni (2002, 138) afferma: “In nome dell’approccio comunicativo si sono trascurati in questi ultimi vent’anni due tipi di testo che invece dovrebbero comparire in tutti i corsi scolastici, dove si effettua un discorso complessivo sulla comunicazione in lingua straniera: i testi letterari (in senso lato) e quelli microlinguistici”. Per avere un’idea più ampia del dibattito recente sull’utilizzo del testo letterario all’interno dell’educazione linguistica si vedano gli studi condotti a livello internazionale da Paran 2006, Hall 2005; Edmondson 1997»: così bene riassume Barone (2015, 213) nel suo abstract. Una sistematizzazione funzionale più recente di come si siano susseguiti negli anni approcci e metodi diversi nella valutazione dell’uso didattico della letteratura (da quello ‘grammaticale‑traduttivo’ più tradizionale a quello ‘ermeneutico’ della seconda metà degli anni Novanta, passando per quello ‘audio‑orale’ e per gli ‘umanistici’) si trova in Bernardini 2017.

Al testo letterario si è nel tempo imputata la difficoltà di essere meno aderente alla vita reale, nel fallace stereotipo che esso, spesso considerato maggiormente elitario di altre tipologie testuali, sia più associabile, nel suo legame con il piano della (storia della) letteratura, a una fruizione passiva da parte del discente, che non sarebbe in grado di agire su di esso nell’ottica della «rielaborazione, anche creativa, dei significati» (110): la sua complessità lo costringerebbe a un uso marginale verso la fine del ciclo scolastico, in quando la sua lingua sarebbe lontana da quella reale, e i suoi contenuti alieni da quelli del discente, che, spaventato da esso, vedrebbe minato alle fondamenta il suo interesse. Paradossalmente, invece, la riflessione più recente comincia a prendere in considerazione il superamento del divario fra testo letterario e altri specifici ‘autentici’,2 più legati a situazioni di quotidianità comunicativa reale, che, a differenza di quello classico più spesso relegato al ruolo di oggetto di studio letterario, appunto, spingerebbero – attraverso il coinvolgimento personale – a una sempre più marcata espressione comunicativa.3

2 Per una definizione di ‘testo autentico’, si rimanda a Caon (2010), nei cui contributi chiari emergono potenzialità e limiti in ambito didattico. Si rifletta, poi, ancora (anche in funzione di riflessioni successive), sul fatto che «[i]l materiale didattico si considera autentico qualora non nasca necessariamente per un pubblico di stranieri, ma, al contrario, per un pubblico di parlanti nativi» (Scalzo 1998, 145).

3 In un contesto in cui lavorare con il testo letterario insieme ad alunni alloglotti significa mettere in atto strategie didattiche per lo svolgimento di attività volte allo sviluppo di abilità linguistiche e competenze metalinguistiche, «l’insegnante dovrà necessariamente accettare di considerare l’opera letteraria uno strumento, non un fine. Perderanno dunque di significato tentativi troppo articolati di contestualizzazione del testo, o ricostruzioni di scenari complessi: questo perché, pur permanendo la necessità di fornire informazioni di base su autori e ambienti, il testo letterario diviene in questa accezione prioritariamente ‘caso’ linguistico, esempio di un certo, particolare utilizzo del sistema lingua in un dato momento storico, oppure repertorio di temi, di cui si deve però rinunciare – direi per statuto – a indagare nel dettaglio le molteplici connessioni con i codici letterari e con la tradizione. Si tratta di un mutamento di prospettiva importante, che obbliga il docente a sovvertire il proprio ordine di priorità», cf. Spera 2020, 28, che già in Spera, Storini (2014, 9 ss) esplicitava le ragioni per cui un testo letterario rientrerebbe a pieno titolo nel curricolo del docente di Italiano L2. Zammartino (2016, 42), a sua volta riprendendo Magnani (2009), afferma che «il testo letterario dev’essere […] un impulso per la comunicazione e deve indurre alla riflessione, avendo come prerogativa lo sviluppo dell’espressione personale). Anche quello letterario è, infatti, concepibile in primis come ‘testo’ in sé, una unità comunicativa prodotta spontaneamente all’interno di una comunità di persone per soddisfare i bisogni di una società che sta per inserire una Lingua straniera (l’italiano) nel suo sistema educativo». Cf. inoltre Mathias 2011.

Ecco perché questo tipo di testi, inquadrati all’interno del contesto teorico dell’approccio ermeneutico di Hans Hunfeld4 potrebbe paradossalmente, per fare proprio l’auspicio di Magnani (2009, 112), «restituire al testo letterario il proprio ruolo originario, ovvero indurre il lettore a riflettere e a sviluppare innanzitutto un proprio pensiero e acquisire al contempo competenze linguistiche facilmente spendibili».5

4 Per un inquadramento si consiglia almeno la lettura di Hunfeld 1990, 2004, 2005.

5 Per un’applicazione dell’approccio ‘post‑comunicativo’ si rimanda all’esperimento bolzanino: Provincia Autonoma di Bolzano 2001.

In controtendenza al processo che, negli anni passati, ha testimoniato una forte dicotomia lingua/letteratura che ha comportato una sostanziale distinzione fra i due mondi, per riutilizzare le parole di Balboni (2008, 213),6 ignorare il testo letterario all’interno di un corso di lingua significherebbe rendere «incompleta la componente linguistica, componente essenziale della competenza comunicativa»;7 pertanto, attraverso attente scelte linguistiche, testuali e metodologiche, il docente potrà presentare brani di letteratura per far scoprire, in un approccio interdisciplinare che evidenzi il rapporto fra lingua, letteratura e cultura, espresso nello hic et nunc del testo proposto e discusso, attraverso la letteratura la Weltanschauung della lingua che la agisce.8

6 Il medesimo concetto era già espresso in Balboni (1994, 120), dove si difendeva l’idea che anche il testo letterario potesse essere utilizzato con profitto nella didattica delle lingue.

7 Sulle implicazioni del rapporto biunivoco fra educazione letteraria ed educazione linguistica, l’utilizzo della riflessione di Eco (2016, 9‑10) come traccia per la prova di Maturità del 2016 mostra l’attualità del tema. Sulla didattica della letteratura si segnalano, fra le riflessioni più recenti, quelle di Spaliviero (2016; 2017; 2020; 2021; 2023); e un quadro recentissimo su come ‘leggere testi letterari’ è in Balboni (2023, 127‑8), che, a distanza di un ventennio da Balboni 2004, offre il punto sulla didattica della letteratura a seguito del superamento delle dinamiche della cosiddetta ‘società complessa’.

8 Tale sensibilità non è isolata: perfettamente consonante, per fare un altro esempio, è Bernardini (2017, 2): «La condivisione della propria lettura del testo permette all’allievo di vivere un’esperienza linguistica reale, più reale di quella che negli approcci precedenti (in particolar modo in quello comunicativo) si pretendeva ricreare attraverso l’utilizzo di testi estrapolati da situazioni di interazione quotidiana». E, ancora, Magnani (2006, 42): «Il testo diviene il luogo d’incontro con l’estraneo e lo spazio in cui interagire con l’estraneo stesso, formulare ipotesi, rivisitarle, costruire un apprendimento/conoscenza che si rinnova continuamente».

2 La ‘canzone’, possibile testo letterario?

Accanto a tipi classici di testo letterario, ossia ‘romanzo’, ‘teatro’ e ‘poesia’,9 si può affiancare la ‘canzone’, in una scelta certo legittimabile attraverso l’analogia con il testo lirico/poetico.10 In tale ottica, anch’esso può, dunque, essere considerabile fra i testi inseribili in un processo di educazione letteraria, come si cercherà meglio di argomentare nel corso delle pagine che seguono, sulla scorta dell’esempio che si illustrerà, e nelle conclusioni (§ 4) stesse dell’articolo. Il testo della canzone, se ben inquadrato in una proposta didattica compiuta e coerente, si presenta come profondamente sfidante: impatta sul piacere della conoscenza di una esperienza narrata e, non raramente rimandando, fra l’altro, al piano della Realtà e della Quotidianità, può suscitare curiosità e interesse. Esso ha, tra l’altro, la caratteristica non secondaria di essere un testo ‘intero’, ‘integrale’, e, di non secondaria importanza fra le ricadute didattiche, se ne segnala la potenzialità di ricaduta nella memorizzazione del lessico, grazie alla musica e al ritmo.

9 Cf., ad esempio, dal punto di vista scientifico, l’impianto del questionario presentato in Bernardini (2017, 5), più nello specifico la domanda 4.

10 «Canzone e lingua cinematografica […] sono ormai parte integrante dei materiali didattici per l’insegnamento dell’italiano […]. La formazione docente non può più ovviare, quindi, al delicato e importante ruolo di mediazione tra il mondo della lingua autentica e dei linguaggi a lei affiancati dal medio utilizzato, e le caratteristiche, il livello, i bisogni degli studenti, nonché gli obiettivi didattici» (Bertelli 2012, 450). Per una più ampia bibliografia di riferimento sull’uso della canzone in glottodidattica, cf. Balboni 2016; Caon 2008; 2009; 2011; 2016; 2023; Caon, Spaliviero 2015; ma ancora Mezzadri 2010. Un interessante approccio di taglio universitario sull’approccio letterario alla canzone è Briganti, Spaggiari 1991.

3 Un exemplum paradigmatico: Loboutin, di Rondo da Sosa e Vale Pain

Si presenta, a illustrazione della breve base teorica poco sopra abbozzata, la proposta didattica di un testo che sembra darsi come exemplum per molti versi paradigmatico:11 si tratta di Loboutin, di Rondodasosa e Vale Pain, testo che appartiene al drill, sottogenere della musica trap, a sua volta sottogenere del rap, genere musicale possessore di un linguaggio settoriale proprio, derivante da aspetti di tipo culturale e storico precipui dovuti al fatto che il mondo del rap è marcatamente caratterizzato da una propria cultura interna, che prende origine dal Bronx di New York negli anni Settanta e si evolve sull’intero pianeta fino ai giorni nostri: il termine drill proviene dallo slang di Chicago e indica un’arma da fuoco automatica, e questo sottogenere è caratterizzato da sonorità più cupe, veloci e aggressive rispetto a quelle del rap canonico e da testi che si focalizzano sulla narrazione di atti di violenza e di illegalità agiti dalle gang.

11 L’aspetto della selezione del testo e le questioni relative all’individuazione di criteri di selezione porterebbero troppo lontano dal tipo di percorso condotto in questa sede. Per inquadrare almeno l’importanza fondamentale di questa fase di costruzione dell’unità matetica, valgano le riflessioni, generalizzanti ma assolutamente non generiche, di Barone (2015, 215 nota 5), che sottolinea quanto cruciale, a riguardo, diventi il problema della leggibilità sia culturale che linguistica di essi. Si veda anche Coletti et al. (1999‑2000), da cui Barone evidenzia, nel suo articolo, un’ulteriore riflessione: «La strategia di selezione e di presentazione dei testi diventa inseparabile dal riconoscimento della loro utilità (psicologica, estetica, sociale) da parte dell’utente (12), un’utilità tale da far acquistare al fatto letterario un carattere comunicativo e didattico».

Il testo, che sarà discusso nell’ottica teorico‑pratica di ‘unità matetica’,12 sul doppio binario, parallelo, di approfondimento scientifico e di esemplificazione applicativa, è scelto con l’obiettivo più generale di allenare a un uso linguistico che, sviluppando le capacità critiche, conduca al recupero insieme dei significati palesi e nascosti contenuti in esso, promuovendo, attraverso lo stimolo della curiosità e del piacere per un testo letterario sui generis (nei tratti supra illustrati e discussi), l’avvicinamento all’immagine attuale e realistica della società che viene raccontata, perseguendo anche l’obiettivo di taglio affettivo precedentemente anticipato.

12 Prima ancora che di ‘unità didattica’, si è scelto, con quanto comportato a livello teorico e di ricaduta didattica, tale definizione offerta in Balboni 2008, cap. 6.

Il lavoro articolabile e strutturabile sulla base di Louboutin può essere calibrato da un minimo di 4 fino a massimo di 10 ore, o anche di più, a seconda del grado di approfondimento delle singole ‘molecole’ matetiche che si pianifica di sviluppare nell’unità; quanto, poi, al competenze richieste allo studente cui somministrare il testo, considerate e soppesate le caratteristiche sopra evidenziate, è bene che sia posseduto almeno un livello intermedio B2, che garantisca il massimo grado di guadagno dall’investimento didattico operato.

Una riflessione è dovuta prima di affrontare un testo che, come si vedrà, presenta, in forza anche della sua natura, espressioni volgari e parolacce che certo lo rendono, in qualche contesto, in primis quello scolastico, di difficile, se non impossibile, uso: tale materiale linguistico può, eventualmente, essere in parte stemperato e reso molto meno esplicito rispetto a quanto invece sarà fatto più sotto in fase esemplificativa, se non addirittura – volendo, nei casi più critici – in qualche forma non affrontando quei termini specifici, tralasciandoli o addirittura censurandoli, strategicamente distribuendo alla classe solo l’originale per poi porre il focus sulle sole parti testuali che si intende rendere oggetto di lavoro comune.

3.1 L’avvicinamento al testo

All’interno di una prima fase di avvicinamento al testo in cui si motiva il discente, un’attività di pre‑lettura sottolineerà l’importanza del paratesto, fornendo in apertura due brevi profili degli autori.

Vale Pain è il nome d’arte di Valerio Paini, rapper italiano di origini peruviane, il cui nome artistico deriva dal nome anagrafico, Vale(rio) Pain(i), nato nel 2002 e cresciuto nel quartiere milanese di San Siro, quartiere al quale egli risulta legato indissolubilmente.

Rondo da Sosa, nome d’arte di Mattia Barbieri, è un rapper italiano originario di Milano, più precisamente del quartiere San Siro, nato nel 2002.

In una logica che porti alla comprensione, all’interpretazione e alla discussione del testo attraverso un’acquisizione preliminare di informazioni di carattere intertestuale, contestuale e extra‑testuale,13 può valere la pena utilizzare anche l’immagine come supporto di contesto e come oggetto di discussione a attivazione linguistica, non disdegnando di stimolare, in un iniziale brain storming, la successiva fase di coscienzializzazione delle eventuali competenze linguistico‑culturali pregresse.

13 Tutti questi contenuti di carattere extralinguistico e culturale non devono correre il rischio di essere subordinati a quelli meramente linguistici, come è evidenziato, fra gli altri, in uno dei fils rouges primari di Balboni 2008.

3.2 Prima lettura/ascolto in silenzio attivo

Louboutin (2020), Vale Pain, Rondo da Sosa

[Intro] 

Okay 

Okay, okay

20‑20, gang, gang 

Vale Pain 

Rondo, yeah 5

Grr‑pow, Rondo 

Nko (Grr, grr, grr) 

[Ritornello: Rondo da Sosa & Vale Pain] 

Sono nel club con la mia gang (La gang), la tua hoe sta guardando 

Non fotti i Crip, se vesto blu, lo sai che sto drippando 

Sto con i miei slime, mangiamo ancora dallo stesso piatto 10

Legato alla strada anche se in tasca ho un contratto 

Uno con me, Louboutin, Amiri ai fianchi 

Venti shotta con me e oro al posto dei cariati 

Non far così nel club che nel club c’ho la gang 

Venti shotta con me mi risolvono ogni vicenda 15

Uno con me, Louboutin, Amiri ai fianchi 

Venti shotta con me e oro al posto dei cariati 

Non far così nel club che nel club c’ho la gang 

Lo muove, cash per terra se entriamo dentro al club, fra’ 

[Strofa 1: Rondo da Sosa] 

Sto con i miei lit, la tua bitch fa spin, noi parliamo le lingue 20

I fra’ in bilocali con due hoes che sono bilingue (Hoes, hoes) 

Sono italiano, spaghetti, mafia, mandolino (Rondo) 

Arrivo in Inghilterra, Elisabetta, non mi inchino (Gang, gang) 

Vesto nero come un ladro, faccio home invasion (Home invasion) 

I suoi occhi son marroni come questo draco (Draco) 25

La mia gente è in piazza, non ha un conto, moolah nelle calze (Calze) 

Più gli fai favori, più non senti dire: “Grazie” 

Bad bitch sta twerkando, lei ha un culo grosso (Shake that) 

Con un figlio, lei ne ha trenta, io ne ho diciotto 

Non fotto con lo Xan e nemmeno col Percos (Gang, gang) 30

Fuochi d’artificio quando in piazza arriva il pieno 

Amiri, Dior, leggenda anche se non muoio (Grr‑pow) 

Amiri, Dior, leggenda anche se non muoio (Grr‑pow) 

Sto con Vale dentro al bando (Ah‑eh‑eh) 

Usciamo fuori gridando (Ah‑oh‑oh) 35

I miei G son chiusi dentro (Eh‑eh) 

Sperando in un piano alto 

[Ritornello: Rondo da Sosa & Vale Pain] – vv. 38‑49, gli stessi di 8‑19

[Strofa 2: Vale Pain] 

Un quarto di millie per ogni mio brother 50

Jeans così stretti, euro sopra a ogni cosa (Brr, brr) 

Siamo leggende, sto a carte scoperte 

Due troie mi vogliono nelle coperte (No) 

Oro giallo, vogliamo l’oro giallo 

Ora è la mia ora, e ti giuro che sto per farlo 55

Milan 2007, mirino sulla testa (Brr) 

Le tasche con i soldi, Vale, un milione a testa 

Se arrivo con la gang (Gang, gang) 

Si svuota tutto il club, fra’ (Gang, gang) 

Bottiglie Belvedere (Gang, gang) 60

La troia muove il booty (Grr, grr, grr)

[Ritornello: Rondo da Sosa & Vale Pain] – vv. 62‑73, gli stessi di 8‑19

3.3 Parole‑chiave e prima riflessione di carattere linguistico

Dopo una prima lettura globale in forma di silenzio attivo (nella volontà di predisporre a una percezione gestaltica che prepari ai successivi passaggi, muovendo da una prima comprensione superficiale verso quella profonda, nel conseguente raggiungimento di quella agognata sintesi in cui, almeno teoricamente, si addiverrebbe, infine, alla successivo passaggio dall’apprendimento all’acquisizione), che attiri l’attenzione sugli aspetti fondamentali già delineati di contesto, co‑testo e paratesto, si passerà all’esplorazione delle parole‑chiave in un’ottica linguistico‑culturale (magari iniziando a costruire una lista lessicale che, insieme alle altre che via via saranno dedotte dal contesto, andranno a confluire in una sorta di glossario mirato al testo), cercando di restare – nello specifico del materiale oggetto del presente articolo – il più aderenti possibile alle indicazioni date da Gianmarco Borettini (Glauco, nella sua identità di rapper viadanese) (Borettini 2021), cui molto si deve per la confezione delle glosse che seguono.

Club (v. 8) All’interno del contesto hip‑hop, generalmente con il termine ‘club’ si intende un locale, di solito una discoteca: esso è di uso comune, celebre il brano del rapper americano 50 Cent In da Club contenuto nel suo album di debutto Get Rich or Die Tryin’ (2003). Dopo una definizione di club14 si può, a seconda del livello della classe, approfondire l’origine della parola.

14 Borettini (2021), significativamente (all’interno della sua scelta di studente), a riguardo manipola la seguente fonte: https://www.nome.me/it/parola/club.html.

Gang (v. 8) Il termine è dall’inglese, dove indica un ‘gruppo’, o come sinonimo: banda di malviventi; compagnia; gruppo di amici. In inglese standard il significato è ‘banda’. Le gang nacquero in origine per proteggere il proprio quartiere, ed erano formate da persone senza famiglia alla ricerca di qualcuno con cui creare un gruppo all’interno del quale sentirsi accettati. L’agire di queste bande è carico di violenza e si muove nell’illegalità: gruppi di persone, solitamente di ceto basso, decidono di delinquere insieme. 

Hoe (v. 8) Al verso 21 si riscontra l’uso del pl. hoes. Con hoe si indica, per riprendere la spiegazione di Borettini (2021, 15‑16), «una persona che usa il proprio aspetto e il proprio fascino per manipolare il proprio partner con il fine di ottenere qualcosa (sesso, denaro). Non ama il proprio partner e nel momento in cui arriva qualcuno con un aspetto migliore, o maggiore disponibilità economica abbandona il partner precedente per poi ripetere il ciclo. Un altro significato è ragazza di facili costumi, la quale cerca l’interesse di ogni ragazzo. Termine simile a bitch, che però letteralmente significa ‘cagna’, ma può anche essere inteso come ‘puttana, prostituta’. Con hoe si intende una donna che compie atti sessuali con molte persone». 

Non fotti (v. 9) L’espressione, gergale, ricalca l’inglese don’t fuck, ed è utilizzata gergalmente in italiano – nella sensibilità di Borettini (2021, 16) – come: ‘non ci fotti, non ci freghi, non competi’. Altri equivalenti gergali: ‘non scopi’; ‘non batti’; ‘non c’entri’; ‘non inculi’, ‘non rompere’, ‘non scherzare’, ‘non prendermi’.

Crip (v. 9) I Crips – rielabora Borettini (2021, 16‑17) in un box che potrebbe esso stesso essere materiale didattico anche dal punto di vista dell’uso linguistico – «sono una delle più antiche e famose bande di strada di Los Angeles, coinvolta in casi di omicidio e traffici di droga anche in altre zone degli Stati Uniti d’America, ad esempio a New York. I membri sono principalmente di origine afroamericana e indossano tradizionalmente abiti blu, una pratica che è in qualche modo calata a causa di repressioni della polizia. Sono una delle associazioni più grandi e violente di strada negli Stati Uniti. Con una stima di 30.000 a 35.000 membri nel 2008, sono stati coinvolti in omicidi, rapine e spaccio di droga, tra gli altri crimini». Si può chiedere agli studenti di fare una scheda cercando nei siti per illustrarne la storia, così che imparano anche a ricercare e strutturare informazioni.

Drippando (v. 9) Il verbo ‘drippare’, da drip (in inglese, ‘gocciolare’), in un significato simile a swag, ma con accezione diversa, è inteso come ‘grondare di stile’. Il termine è stato reso famoso internazionalmente da artisti come Lil Uzi Vert e Playboi Carti, noti rapper americani. 

Slime (v. 10) L’espressione, presa in prestito dall’americano, è utilizzata da molti rapper, in primis dallo statunitense Young Thug, anche produttore discografico. Slime indica un grande amico, una persona che si considera ‘forte’, ‘figa’, può essere considerato sinonimo di homie, migliore amico, una persona tanto importante da essere considerata quasi come un familiare. 

Loboutin (v. 12) Si tratta di un noto marchio di scarpe extralusso disegnate dallo stilista calzaturiero franco‑egiziano Christian Loboutin, nato a Parigi il 7 gennaio 1964, fra i più esclusivi e ricercati del mondo dell’alta moda. Dette scarpe, caratterizzate da una suola di colore rosso scarlatto, hanno avuto un successo planetario, in particolar modo nel mondo dello star system, del divismo. Il marchio ha spopolato negli ambienti della nobiltà, del fetish, del burlesque, dell’high fashion e del glamour.15 

15 Questi ultimi concetti potrebbero tutti essere ulteriori occasioni di approfondimento all’interno di un lavoro di classe.

Amiri (v. 12) Casa di moda statunitense attiva nei settori di alta moda e articoli di lusso, è stata fondata nel 2014 dall’imprenditore e stilista statunitense di origini iraniane Mike Amiri Pusa, che ha iniziato la sua carriera con una piccola produzione artigianale di pezzi da palcoscenico per artisti hard rock iconici come Axel Rose e Steven Tyler. Anche in questo caso, come per il lemma Crip, si può coinvolgere direttamente gli apprendenti in una ricerca da presentare alla classe.

Shotta (v.13) La parola nasce in Giamaica, e indica una persona che si occupa di droga, omicidi e guadagno illegale. In origine registra i seguenti significati: 1. Delinquente, gangster, un uomo con cui non avere casini: «Man a shotta, you no wah vex man like me» (Sono un gangster non rompermi il cazzo); 2. Killer, assassino, conosciuto in quanto assassino, ha una pistola e la userà: «Yow we need some shotta fi deal wid di case» (Ci serve un killer per risolvere questo problema); 3. Un termine di rispetto tra amici: «Yow what a gwaan shotta yute» (Ehi amico come va?).16 Uno shotta può gestire i propri affari da solo o avere persone che lavorano per lui. Si occupa di droga, omicidi o altre forme di guadagno illegale. ‘Shottare’ significa ‘uccidere in un solo colpo’, mentre shotta significa ‘capo’.

16 Il materiale linguistico è ripreso da: https://www.urbandictionary.com/define.php?term=shotta&page=2.

Oro al posto dei cariati (v. 13) L’espressione allude al fatto di potersi permettere denti d’oro per coprire quelli cariati, nella volontà di sottolineare come la capacità economica di cui Vale Pain dispone vada a compensare la situazione economica sperimentata precedentemente alla fama. 

Lit (v. 20) Borettini (2021, 20) glossa il termine come sinonimo di exciting, letteralmente ‘acceso’: nello slang quotidiano «è una parola utilizzata per descrivere qualcosa che crea nel suo fruitore uno stato emotivo di divertimento e/o stupore». La frase «sto con i miei lit» significherebbe – ‘semplicemente’, con le sue parole – ‘sto con gli amici che mi fanno divertire’. 

Spin (v. 20) Il termine, di provenienza australiana, indica il mix tra tabacco e marjuana per creare uno spinello, ossia il ‘fare su’ una canna.

Home invasion (v. 24) Per home invasion si intende effettuare una rapina a mano armata (invasion) all’interno di un’abitazione (home), spesso minacciando i presenti puntando loro un’arma addosso.

Draco (v. 25) Colpisce la dovizia di particolari e la competenza con cui è descritto l’oggetto in Borettini 2021, 21: «riproduzione civile del fucile d’assalto sovietico AK‑47. L’arma (nome ufficiale in russo: Автомат Калашникова, Avtomat Kalašnikova, fucile automatico di Kalašnikov) è un fucile d’assalto ideato e progettato in Unione Sovietica. Sviluppato da Michail Timofeevič Kalašnikov verso la fine della Seconda guerra mondiale, fu ideato per sostituire la serie di mitra PPSH, ormai obsoleti. La semplicità del suo meccanismo e della sua fabbricazione lo hanno reso l’arma da fuoco più diffusa al mondo. Presente persino sulle bandiere di alcune nazioni, come su quella del Mozambico, a rappresentare la difesa della libertà, la serie di fucili d’assalto AK è tutt’oggi il maggior prodotto d’esportazione russo. Il draco utilizza caricatori standard per AK‑47, e proiettili calibro 7,62 × 39 mm Soviet».

Moolah (nelle calze) (v. 26) Il termine inglese moolah significa ‘gruzzolo di soldi’; con «moolah nelle calze» si allude, dunque, al conservarli nelle calze. 

Bad bitch (v. 28) Così glossa Borettini (2021, 28): «osso duro; brutta stronza; stronza schifosa; puttana che se la tira; vera stronza»; e spiega: «l’artista italianizza il significato del termine indicando una ragazza di facili costumi, una troietta cattiva». 

Sta twerkando (v. 28) L’inglese twerking indica un tipo di ballo in cui il ballerino o la ballerina scuote i fianchi su e giù velocemente sul proprio asse verticale, creando un tremolio sulle natiche, pratica che negli ultimi anni sta spopolando soprattutto tra i giovani. 

Non fotto (v. 30) Si riporta integralmente la spiegazione di Borettini 2021, 22: «presente anche al nono verso con accezione diversa (‘non fotti’). ‘Non fotto’ solitamente indica il non fare qualcosa andandone fieri, mentre quando si dice ‘non fotti si intende utilizzare per svilire, sminuire l’altra persona. Non prendo; non scopo; non utilizzo; non faccio uso; non mi appartiene; non vado». 

Xan (v. 30) Xan indica l’alprazolam, un ansiolitico appartenente alla famiglia delle benzodiazepine, a breve durata d’azione. In Italia il farmaco è commercializzato da varie case farmaceutiche con vari nomi commerciali come lo Xanax, potente farmaco ansiolitico fra i più utilizzati.

Percos (v. 30) Con percos si intende il Percocet, ovvero una combinazione oppioide/non oppioide (come sottolineato in Borettini 2021) di ossicodone e paracetamolo, usata per trattare il dolore a breve termine, commercializzato da Endo International. Il perc, nella sua forma ulteriormente abbreviata, è diventato popolare dopo l’enorme successo riscosso alcuni anni orsono dal brano Mask Off, probabilmente il più grande successo internazionale di Future, pseudonimo di Nayvadius DeMun Wilburn, rapper, cantante e produttore discografico statunitense, nato ad Atlanta il 20 novembre 1983. Questa parola ha iniziato a comparire sempre con maggiore frequenza all’interno del registro linguistico dei rapper italiani, finendo spesso nei testi. Si tratta di un antidolorifico molto potente e diffuso che, se assunto in grosse quantità, può avere gli stessi effetti (estremamente dannosi) di una droga. 

Amiri, Dior, leggenda anche se non muoio (v. 32) La citazione rimanda al brano Dior di Pop Smoke, rapper statunitense deceduto nel 2020. «Secondo un pensiero comune», spiega Borettini (2021, 23), «quando un artista muore acquista maggiore fama, e diventa in alcuni casi leggenda. Se si osservano i dati relativi a personaggi di spicco del mondo della musica ormai defunti, si nota come, in seguito alla morte, la vendita dei dischi sia aumentata notevolmente. L’artista con questa frase si riferisce per l’appunto a questa dinamica che viene a crearsi dal momento in cui un artista passa a miglior vita. Con questa citazione, Rondo intende proclamarsi leggenda anche senza morire, e cita Pop Smoke, già precedentemente nominato, così da elogiarlo». 

Bando (v. 34) Il termine gergale, dall’inglese americano, derivato dalla contrazione di abandoned house, cioè una casa disabitata di periferia dove si cucina e smercia droga (altrimenti detta trap house), è divenuto celebre in Italia a seguito del brano Bando, singolo di debutto della rapper Anna (all’anagrafe Anna Pepe, nata a La Spezia il 15 agosto 2003), che a fine febbraio 2020 raggiunse la vetta dei ‘Top Singoli’, la classifica che, dal 2006, indica i singoli più ascoltati e venduti in Italia, e vinse il disco d’oro a inizio marzo, conservando il primo posto in classifica per tre settimane consecutive, dal 28 febbraio al 19 marzo.

I miei G sono chiusi dentro (v. 36) G indica ‘Gangster’. La spiegazione di Borettini 2021, 24: «l’artista spiega come i suoi amici siano gangster e siano chiusi dentro, cioè in prigione», risulta estremamente didattica. 

Un quarto di Millie (v. 50) Il termine millie sta per ‘un milione’; un quarto di milione sono 250.000 euro. 

Milan 2007 (v. 56) Il riferimento implicito è alla vittoria della Champions League nel 2007 da parte del club AC Milan. Gli artisti abitano a Milano nella zona di San Siro, dove si trova il campo di gioco della squadra milanese. «Con questa citazione – chiosa Borettini (2021, 25) – si intende alludere alla propria vittoria, all’esserci riusciti». 

Bottiglie Belvedere (v. 60) ‘Belvedere’ è una marca polacca di vodka a base di segale distribuita da LVMH, che prende il nome da Belweder, una delle residenze ufficiali del Presidente che si trova a Varsavia, e la cui illustrazione appare sulle bottiglie, recuperandone l’originaria parola italiana. Prodotta esclusivamente nella città di Zyrardow e distribuita in tutto il mondo (il marchio è stato lanciato negli Stati Uniti nel 1996 come distillato di lusso), è stata commercializzata come la prima ‘super vodka premium’ al mondo. 

Booty (v. 61) Dall’inglese: sedere; culo; chiappe. 

3.4 Verso una lettura selettivo‑analitica

Solo a questo punto ha senso condurre una lettura esplorativa (con elicitazione delle competenze pregresse all’interno di un percorso induttivo, stimolando alla formazione di ipotesi insieme di stampo socio‑pragmatico e linguistico) per passare successivamente a una selettiva (alla ricerca di tematiche e/o semantiche particolari), che apra, infine, a quella analitica, in cui affrontare un tentativo – a vario grado, in funzione delle potenzialità della classe in cui si opera17 – di decostruzione e ricostruzione del testo che permetta di inquadrarvi anche una riflessione del processo di creazione dei neologismi e le ragioni dello slittamento lessicale dei significati nell’ottica anche di una sensibilizzazione alla drift anglicizzante che l’italiano giovanile contemporaneo sembra testimoniare in modo sempre più marcato. Questo è, inoltre, chiaramente, il momento deputato a una didattizzazione, insieme dal punto di vista linguistico (tramite una prima analisi della morfosintassi – per niente complessa, considerate le frasi brevissime che lo costituiscono – ma soprattutto per un potenziamento lessicale) e culturale.

17 Vero convitato di pietra all’interno di qualunque contributo di carattere linguistico educativo, la classe vorrebbe, almeno in questa sede, essere concepita come quella «piccola comunità narrativa ed ermeneutica» definita in Barone (2015, 234), in cui quello dell’ermeneutica, in ogni caso soverchiante, già da Bruner (1990), che sottolineava il potere del piacere della narrazione, presente ben prima del leggere e dello scrivere, radicato nella natura dell’uomo in quanto animale politico per eccellenza e sorta di «specie narrante» (cf. Jedlowski 2000) in grado di riconoscere, quasi in una inclinazione innata, «il piacere della letteratura e il bisogno di letteratura» (Balboni 2008, 218, corsivo in originale) come possibilità di interpretare e categorizzare il mondo.

3.5 La fase di post‑lettura

Per suggellare l’attività articolata e sviluppata nel corso dell’unità è bene giungere, in fine, a una fase di rilettura (con l’occasione di valutare quanto compreso e acquisito), insieme per proporre esercizi di revisione, consolidamento, acquisizione e fissazione di strutture e vocabolario registrati nel testo, e per discutere i contenuti, cercando collegamenti fra gli argomenti via via illustrati e il vissuto degli studenti, alla ricerca di analogie e differenze fra modelli culturali presenti nel testo e nella lingua/cultura degli apprendenti.

Attraverso l’espressione spontanea in aula, ma anche commissionando la stesura di un elaborato finale, si può spingere lo studente a riconoscersi (o meno) nel contenuto, sviluppando un rapporto personale con le questioni etiche e morali che possono emergere, fornendo e argomentando la propria interpretazione, calandosi nella parte della voce narrante – immedesimandosi e rispecchiandosi nelle figure proposte – ed esplicitando le proprie opinioni (favorevoli o contrarie) a un modo di comportarsi descritto. E dove anche le interpretazioni del discente non fossero in linea con una corretta comprensione dei contenuti, esse in ogni modo si riveleranno come spinte forti alla volontà di comunicazione in seno al gruppo: potere esprimere, all’interno di uno scambio reciproco, nel dialogo, con opinioni ed esperienze personali, il proprio mondo interiore stimola fortemente la voglia di relazionarsi con l’Altro18 e, dunque, di usare la lingua, sulla scia di quella competenza comunicativa formalizzata dal Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (Consiglio d’Europa 2001) come «sapere, saper fare, saper essere, saper apprendere», che è «l’obiettivo dell’educazione linguistica» (cf. Balboni 2012, 15).

18 In questo modo, davvero, si impara a (ri)conoscere l’elemento straniero – si pensi, ad esempio, alle riflessioni di Balboni, Caon (2015), sulle abilità relazionali proprie della comunicazione interculturale, la cui discussione porterebbe lontano.

4 Qualche – minima – riflessione conclusiva

È bene, anzitutto, in conclusione, sottolineare che l’uso del drill nella sua specificità non vuole soppiantare, ma – al contrario – integrare le strategie didattiche consolidate, mirando all’ampliamento del canone con una proposta in affiancamento all’approccio antologico più tradizionale.

Relativamente a questo tipo di testi, e miratamente all’oggetto della presente analisi, quelle che, a prima vista, sembrerebbero caratteristiche più problematiche, si rivelano estremamente produttive.

Un testo come Louboutin è prepotentemente ‘autentico’: esso risulta fresco, reale, immediato, stimolante. E allo stesso tempo, paradossalmente, nella sua autenticità è ‘semplificato’ nella sua struttura morfo‑sintattica ma, soprattutto, lessicale.

Rovesciando i pregiudizi tipici legati al testo letterario (viene utilizzato – lo ribadiamo – un vocabolario di carattere orale, e il testo presenta le caratteristiche di struttura del parlato, appunto, colloquiale), il testo drill – si permetta di coniare una classificazione ulteriore rispetto a quelle precedentemente riprese (vedi nota 13 infra) – è ‘letteratura colloquiale’: esso si presenta come un testo ‘scritto/orale’, o, con un altro tentativo di neologismo terminologico, nella forma di ‘parlato‑cantato’.19

19 Sulla scorta di uno stimolo analogico a Nencioni 1983.

Esso si rivela da subito vicino agli studenti: parla il mondo degli apprendenti, prima ancora che la loro lingua (dal punto di vista dell’uso di un gergo giovanile), e presenta contenuti coinvolgenti e temi di cui va sottolineata l’attualità. Un testo letterario ‘in senso lato’,20 come quello proposto, è perfettamente adeguato a intercettare la motivazione, stimolando, con il suo input, l’output linguistico del discente, anche immergendolo nel mondo socio‑culturale della lingua che sta imparando.

20 Nella ripresa dello spirito del Balboni citato alla nota 2 del presente articolo.

Quanto delineato in queste pagine ribadisce l’efficacia del testo letterario nella didattica dell’italiano come LS (lingua straniera) o L2 (lingua seconda), ampliando il repertorio a quello della canzone, che risulta – come ci siamo interrogati al § 2 – testo letterario a tutti gli effetti. E ancora, emerge viepiù chiaro il suo valore (inter)culturale: se, come illustrava Balboni (1999), perché si giunga a una piena acquisizione delle abilità di comunicazione interculturale che passano attraverso le fasi di consapevolezza, della conoscenza e delle abilità è importante il contato diretto, in fase didattica, con l’ambiente reale della lingua/cultura, Louboutuin – o un suo equivalente – permette di calarsi in maniera attiva e partecipe in esso:

[l]’esistenza di valori culturali rende l’apprendimento di una lingua straniera non un puro esercizio comunicativo, ma qualcosa che va a incidere sull’intera personalità dell’individuo e sulla sua stessa natura. L’entrare in contatto con persone portatrici di valori culturali diversi dai propri non dovrà mettere in crisi l’allievo e portarlo a una chiusura mentale che irretisce anche l’apprendimento linguistico. […] Compito dell’insegnante non dovrà tener conto solo della cultura che deve essere appresa, ma anche della cultura del nativo, le difficoltà che lui potrebbe avere, le problematiche che si trova ad affrontare, in modo che l’insegnamento diventi proficuo attraverso l’aggancio alla vita normale. Quello che è importante è che ci sia un contato diretto fra l’ambiente e l’insegnamento, per arrivare all’acquisizione delle abilità di comunicazione interculturale che passano attraverso le fasi di consapevolezza, della conoscenza e delle abilità. (Mathias 2011, 274)

Più in generale, alla luce di quanto illustrato e dibattuto, Louboutin può essere concepito come testo contenitore di una serie di plurime attività didattiche orientate sulle diverse categorie di saperi: linguistiche (morfosintassi e lessico), socio‑storico‑culturali, stilistico‑retoriche, comunicative nel senso più pieno, nel quale l’apprendente impara a sviluppare ed esprimere il proprio pensiero attraverso un uso coscientemente governato della lingua.

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